PILLOLE DI LATTE...Il tampone vagino rettale
- Carolina Guidetti
- 11 giu 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Il tampone vaginale/rettale in gravidanza si esegue fra la 35-37ma settimana di gestazione e serve per individuare la presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo B o Streptococcus agalactiae, un batterio innocuo per la mamma e per il feto ma potenzialmente pericoloso per il bebè al momento della nascita. Se il test è positivo, è sufficiente una terapia antibiotica prima del parto per debellarlo.
COME SI ESEGUE?
E' un esame non invasivo. Con una specie di cotton fioc si prendono delle secrezioni prima nel canale vaginale e poi nel canale anale.
PERCHE' VIENE FATTO?

Si fa per evidenziare la presenza o meno dello Streptococco beta emolitico di tipo A, un germe che può esser presente abbastanza di frequente nell’ambiente vaginale-rettale. “E’ un batterio che non arreca alcun fastidio alla donna (che di solito neanche si accorge di averlo contratto) e durante la gestazione in genere non si trasmette al feto.
E’ importante rivelare la sua presenza perché potrebbe contaminare il bambino al momento del parto, durante il passaggio lungo il canale vaginale. “Il rischio che il bambino, una volta contaminato, contragga l’infezione è molto basso, se però questo si verifica le conseguenze possono essere molto serie poiché l’infezione, sia pure in rari casi, può diventare sistemica (setticemia) e provocare meningite o morte neonatale.
RISULTATI
Tampone negativo?
Non è necessario fare altro
Tampone positivo?
Cura antibiotica in travaglio.
La strategia terapeutica prevede che all’inizio del travaglio la mamma venga sottoposta a una cura antibiotica per via endovenosa ogni quattro ore, che consente di raggiungere rapidamente concentrazioni adeguate di farmaco nel sangue, atte a sterilizzare l’ambiente vaginale.
Perché la copertura antibiotica sia efficace, è sufficiente iniziare la somministrazione quattro ore prima dell’espletamento del parto.
Una somministrazione massiccia di antibiotico può arrecare danni al neonato? “No, anzi gli fornirà una copertura antibiotica in concentrazioni rapidamente efficaci che lo proteggerà ulteriormente dal rischio di infezione” risponde la ginecologa.
Se in travaglio non si riesce ad eseguire la cura antibiotica, allora la terapia verrà fatta al bambino alla nascita.
E DOPO LA NASCITA?

Anche se la profilassi antibiotica è stata eseguita correttamente, dopo la nascita al bambino viene effettuato un tampone a livello oro-faringeo e a livello delle orecchie per escludere che abbia contratto l’infezione. In caso di esito positivo, anche il bebè verrà sottoposto ad una terapia antibiotica. La neomamma invece non dovrà più seguire alcuna terapia, né sono previsti controlli a distanza, a meno che la donna non avverta fastidi, come bruciore o prurito vaginale.
... Le PILLOLE DI LATTE continuano....
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